Sergio Larrain, lettera al nipote Sebastián Donoso

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“La cosa più importante è avere una macchina fotografica che ti piaccia, quella che tra tutte ti piace di più. Devi sentirla bene, e devi essere soddisfatto di tenerla in mano. Lo strumento è fondamentale per chiunque eserciti un mestiere. E dovrebbe essere semplice, esattamente quello di cui hai bisogno, niente di più e niente di meno; una buona macchina é la Pentax con il macro 1:1; Panchito ne ha una, mi pare, vai a darle un’occhio. Poi hai bisogno di un ingranditore per il 35 mm che ti piaccia, uno che sia il più efficiente e semplice possibile; il modello più piccolo della Leitz é il migliore e ti durerà una vita. La Leitz ha una filiale a Santiago, li possono importare.

Poi devi uscire e cercare l’avventura, come una nave che salpa con le vele spiegate; vai a Valparaiso o nell’arcipelago di Chiloé, o cammina per le strade tutto il giorno; vagando, vagando continuamente in luoghi che non ti sono familiari, e quando sei stanco, siediti sotto un albero, comprati una banana o del pane … Nient’altro, prendi un treno, vai in qualche posto che ti incuriosisce e dagli un’occhio, lascia perdere i posti che conosci, esplora i luoghi e le cose che non hai mai visto prima, permetti ai tuoi desideri di guidarti, viaggia fra un luogo all’altro, vai ovunque tu voglia … E poco a poco, scoprirai delle cose. E le immagini inizieranno ad arrivare, come apparizioni; prendile.

Poi, quando sarai tornato a casa e le avrai sviluppate, fai delle stampe e inizia a guardare il tuo bottino, tutti i pesci che hai pescato … Attaccale al muro con del nastro adesivo, stampale in formato cartolina e guardale … Inizia a giocare con la L, cerca dei tagli, immagini da inquadrare, e imparerai la composizione e la geometria, puoi trovare l’inquadratura perfetta con una L (due pezzi di cartoncino messi a forma di L). Fai degli ingrandimenti delle composizioni che hai fatto e attaccale sul muro. Per viverci insieme, per vederle quando passi.

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Se sei sicuro che una foto non é buona, buttala. Prendi le migliori e attaccale un po’ più in alto sul muro, alla fine tieni solo quelle buone e nessun’altra. Tenere quelle mediocri ti condannerà alla mediocrità. Tieni solo il meglio, butta il resto, perché tutto quello che tieni verrá trattenuto nel tuo inconscio.

Poi fai un po’ di esercizio fisico, occupati di altre cose e non ti preoccupare. Inizia a guardare il lavoro di altri fotografi, cercando la qualitá in tutto quello che ti capita di vedere, libri, riviste, etc. Scegli il meglio e, se puoi, ritaglia quelle buone e attaccale al muro insieme a quelle che hai fatto tu. E se non le puoi ritagliare, apri il libro o la rivista alla pagina che ti piace e lasciala aperta, in mostra. Lasciale lì per settimane o mesi, in modo che vengano assorbite – imparerai molto, guardando. Poco a poco ti riveleranno i loro segreti, imparerai cosa é buono e vedrai la profondità di ciascuna.

Continua a vivere tranquillamente, disegna. Passeggia e non forzarti mai a fare foto perché se lo fai la poesia andrà perduta e la vita che contengono ne resterà paralizzata. È come forzare l’amore o l’amicizia, semplicemente è impossibile.

Quando sei pronto a ricominciare, puoi partire per altri viaggi e vagabondaggi, vai fino a Porto Aguirre, puoi andare a cavallo fin giù ai ghiacciai, da Aisén … Valparaiso é sempre meravigliosa, perdersi nella magia, passare qualche giorno esplorando le colline e le strade e passando la notte in un sacco a pelo da qualche parte … Trovando la realtà, come nuotando sul fondo del mare, senza niente che ti distragga, dove niente é come te lo aspetti, cerchi di muovere un passo nelle tue espadrillas, lentamente, come se fossi stato purificato, desiderando vedere … cantando piano.

Fotograferai ciò che trovi, con grande attenzione; avrai imparato ad inquadrare e a comporre; ora fallo con la macchina … E poco a poco, la borsa si riempie di pesci e torni a casa. Impara a regolare l’apertura, cambia il primo piano, saturazione, velocità, etc. Impara a giocare con tutte le possibilità che la tua macchina ti offre.

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Ti avvicinerai alla poesia, la tua, quella di altre persone, lasciati ispirare da quello che altri hanno fatto bene; il MoMA a New York ha pubblicato vari libri, mio padre ne ha alcuni nella sua biblioteca; fai una raccolta di fotografie eccellenti, un piccolo museo, in un raccoglitore. Fai quello che vuoi fare e niente altro, fidati solo del tuo gusto. Tu sei vita e vita é ciò che scegli, lascia perdere quello che non ti piace, non usarlo. La tua scelta é quello che conta, ma usa il lavoro degli altri come ispirazione.

Farai progressi.

Quando avrai varie foto davvero buone, fanne degli ingrandimenti e esponile in una piccola mostra, o fai un piccolo libro. Rilegale insieme, guarda cosa ho fatto io durante il mio apprendistato, lo trovi nella biblioteca di mio padre. È così che stabilirai uno standard di base. Mostrando il tuo lavoro, diventerai più bravo a distinguere il buono dal cattivo confrontandolo con il lavoro degli altri, avvertirai la differenza.

Organizzare una mostra vuol dire offrire qualcosa, come offrire da mangiare, è una bella cosa per gli altri mostrar loro del lavoro fatto con gusto, non é fare sfoggio, è una buona cosa, una cosa sana per tutti. Ed è un bene anche per te perché ti permette di capire a che punto stai.

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Dunque ora hai quello che ti serve per iniziare. Hai solo bisogno di cominciare ad andare in giro molto, di sederti sotto un albero da qualche parte … una passeggiata solitaria nell’universo, che improvvisamente vedi per la prima volta. Il mondo convenzionale é un paravento, devi passare oltre, quando fai fotografie.

Ciao.

Ti scriverò ancora più avanti.
Trovare la tua verità è la chiave di tutto”.

Sergio Larrain, 1982

Pubblicata in Sergio Larrain, Vagabond Photographer, a cura di Agnés Sire, Thames and Hudson, 2013.

8 pensieri su “Sergio Larrain, lettera al nipote Sebastián Donoso

  1. due passaggi trovo particolarmente preziosi in questo fresco scritto:

    quello del vagare come “nuotando sul fondo del mare, senza niente che ti distragga, dove niente é come te lo aspetti” perchè davvero è la chiave di volta nel vivere un luogo – che sia esotico o a noi familiare! – evitando percorsi studiati come tappe forzate e lasciando piuttosto che le sorprese vengano ai nostri occhi;

    e poi “organizzare una mostra […] è una bella cosa per gli altri mostrar loro del lavoro fatto con gusto, non é fare sfoggio, è una buona cosa, una cosa sana per tutti”… perchè se questa bella considerazione dello zio fosse ascoltata in questa epoca di ipertrofismo di colori e di propaganda di sè, sarebbe un mondo fotograficamente migliore.

    grazie di averla condivisa.

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