Tutto e di più

Interessante questa puntata di Fotocrazia.  Credo le si dovrebbe dedicare una serata in tutti i circoli fotografici, vista l’attualità e l’urgenza.

Smargiassi si sofferma in particolare sulla sontuosità di  una certa fotografia di reportage, dove il mix linguaggio-messaggio sconcerta: come non essere d’accordo al cento per cento con lui.

Rimanendo più terra-terra,  il serrato rimpallo fra i costruttori  di sensori sempre più performanti e una parte fotoamatoriale tesa a rendere tutto leggibile  francamente fa cadere le braccia.

Ne abbiamo già scritto in passato.  Ora però volevo focalizzare su quell’obiezione citata nell’articolo, la difesa di questa moda in nome di un nuovo linguaggio fotografico.

E’ difficile levarsi di dosso i pregiudizi visuali dovuti a decenni di pratica e fruizione fotografica dove i limiti dei mezzi (sia nel bianco e nero, sia nel colore) portano oggi a classificare un’immagine che mostri di più invece che di meno  innaturale.  Bisogna sfuggire alle trappole dell’abitudine.

Ma veramente  guardo  in quella fotografia  il colore del sole e i dettagli di un lontano sottobosco con una tristezza dovuta solo al ricordo/nostalgia di diapositive o bianchi e neri contrastati?  Certo, anche loro erano un po’ innaturali: facevano vedere qualcosa di meno.  Basta questo per accettare chi oggi ci cala sul naso occhiali a infrarossi?

Non credo.

Fatte salve le poche, felici eccezioni dove veramente queste peculiarità estetiche trovano senso, portando ad un risultato compiuto e vibrante (e questo vale per qualunque pratica, anche la più stravagante), penso che queste incursioni nel buio-e-nella-luce siano frutto di un tecnicismo che – ahimè – riempia il vuoto di contenuti.

In mancanza di altro, si punta su un presunto perfezionismo lussureggiante e oleografico.

Se la fotografia è isolare un frammento di realtà, è sottrarre, è mostrare e non mostrare rispettando il suo mistero ambiguo (anzi:  spesso  in quello che non si vede risiede la grandezza di un’immagine), aggiungere, anziché togliere, va contro il suo senso più profondo.

Se vogliamo chiamarlo nuovo linguaggio, chiamiamolo pure:  come quello  delle chattate su Facebook, dove si scrive ostrogoto e di tutto,  anche di quello che sarebbe meglio tacere.

Il sottile crinale fra il vedo e il non vedo richiede fatica e abilità. Capacità di discernimento.  O, comunque,  un senso da perseguire, fosse anche la semplice foto ricordo.
E’ più gratificante con l’ultimo sensore e con dieci livelli di Photoshop mostrare il lato B delle castagne: spettacolare, no?

Ce ne stancheremo presto.  E  forse questo è uno dei motivi della fiamma di ritorno verso la fotografia analogica: ciao ciao, cartoons.

 

Giuseppe Pagano

3 pensieri su “Tutto e di più

  1. Sono un principiante della fotografia e ho avuto la fortuna di avere sottomano il tuo libro “per una fotografia autentica e di spessore”. Ho iniziato ora lo studio della “Fotografia” e sono pienamente d’accordo con questa frase ” il serrato rimpallo fra i costruttori di sensori sempre più performanti e una parte fotoamatoriale tesa a rendere tutto leggibile francamente fa cadere le braccia.” Sono iscritto anche ad un forum fotografico e sono nauseato oramai dalla gente che si sfida a colpi di sensore ,definizione,crop,iso infatti non pubblico nemmeno più.

  2. Grazie Ernesto del passaggio e dell’apprezzamento.

    Il libretto che hai citato è solo… un razzo sparato nella notte: breve, parzialissimo, quasi autobiografico. Ho cercato con parole semplici di condensare un sentire fotografico maturato negli anni e sui testi, fermandomi però sulla soglia dell’approfondimento.
    Un invito alla ricerca.
    Anche perché la ricerca, nell’insondabile mondo della fotografia, non può mai avere fine.

    Buone foto!!!

  3. Non so quale sarà l’onda lunga di questo buon periodo per la fotografia analogica, vedo per ora due filoni: quello della “bassa fedeltà” come valore aggiunto vintage e quello dell’alto artigianato.
    Entrambi possono essere veicolo di una valida idea visiva oppure veicolo del nulla.

    I toni duri di negativi stiracchiati piacciono ai primi, e restituiscono fotografie fuori moda, ma siamo ancora al livello estetico; sul resto – su quello che a mio modesto parere forse più conta – ci tornerò volentieri su.
    Peraltro potremmo dire la stessa cosa dei colori tenui di certe indagini urbane che stanno spopolando di recente… tutto e nulla, finché resta produzione dimenticabile ma vestita alla moda.

    Ma che sia analogico o digitale faccio mio il tuo auspicio: ciao ciao cartoons!

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